Un po’ di storia
Da “riposo rinfrancante” a sede di brigantaggio
L’origine dell’area è senza dubbio preromana. Molto probabilmente la città fu fondata nel III secolo a.C. da profughi picentini, poi sottomessi dai Romani, come testimoniano i reperti trovati in località Radiosa, tra cui monete del periodo dei Cesari. L’area continuò ad essere abitata in epoca romana come evidenziano le tracce dell’eruzione del 79 d.C., che tuttavia non arrestò lo sviluppo del territorio e delle sue ricchezze, tra cui la produzione di latte locale, già decantata da Galeno nel II sec. d. C., assieme alla mitezza del clima e all’aria salubre, che favorivano il “riposo rinfrancante”. Agerola divenne in questo periodo un grosso centro di produzione di laterizi e di ceramica per stoviglie. Gli agerolesi infatti furono i primi ceramisti della costiera. Prima del Mille, la città divenne ricca e famosa per l’allevamento del baco da seta, tecnica appresa dagli amalfitani in Oriente. Una colonia di ebrei promosse anche la lavorazione della seta, continuata fino all’Unità d’Italia, quando questa produzione si concluse definitivamente. Durante lo splendore della Repubblica Amalfitana molti alberi secolari vennero abbattuti per costruire grandi e piccole imbarcazioni. Nel Medioevo si coltivava anche una rosa bianca, la “rosaria” per ricavarne essenze ricercate, un’industria fiorente fino al Seicento. Contemporaneamente fu dato avvio alla lavorazione del cotone e della lana, e ben presto Agerola divenne un importante centro tessile. Tipici del territorio erano anche i mulini ad acqua, che permisero la creazione di cartiere, come quella di Ponte del 1700 e di Amalfi. La città di Agerola è citata per la prima volta in un documento del XII secolo, quando Federico II, re di Sicilia, decretò il passaggio di Agerola e Tramonti dal ducato amalfitano al Demanio Regio. Il re Roberto d’Angiò donò successivamente il territorio al napoletano Filippo Falconiero, escludendolo dall’obbligo di vassallaggio. La sua famiglia dominò sull’area fino al 1343, quando Agerola fu inglobata nel demanio di Amalfi. Intorno al Seicento, la posizione impervia e difficilmente raggiungibile del paese favorì il fenomeno del brigantaggio, che venne poi arginato grazie alle riforme borboniche. Queste assicurarono ad Agerola anche un periodo di prosperità economica, dovuto soprattutto all’abbassamento delle tasse. Gli intellettuali agerolosi, animati dagli ideali della Rivoluzione Francese, favorirono l’adesione di Agerola alla Costituzione democratica della Repubblica Partenopea. Successivamente, dopo il 1815, si diffusero le società segrete, fra cui vi era quella capeggiata da Flavio Gioia e Salvatore Avitabile. Nel 1844, grazie all’opera del generale Avitabile, si decretò il passaggio di Agerola dalla provincia di Salerno a quella di Napoli. L’illustre cittadino di Agerola è soprattutto noto per aver realizzato la selezione della razza bovina locale, detta “mucca agerolese”, che ha favorito la produzione di latte, divenuto simbolo per un intero territorio. Dopo l’Unità d’Italia, e soprattutto con l’abolizione delle barriere doganali, iniziò il declino economico del settore manifatturiero. L’impoverimento della popolazione e il malcontento generale provocarono la ripresa del brigantaggio che creò proprio qui il suo quartier generale. Fra i briganti che imperversarono a quel tempo è da ricordare la figura leggendaria di Melchiorre Vespoli.